venerdì 5 dicembre 2025

PIÚ FASCI PIÚ LIBERI

    È scoppiata la polemica, l’ennesima, intorno a una manifestazione letteraria per la presenza di editori apertamente fascisti/nazisti. Se non sapete di cosa si stia parlando, Zerocalcare ha annunciato che non parteciperà all’evento Più libri più liberi a Roma a causa della presenza tra gli espositori di Passaggio al bosco, dopo un appello di circa 80 autori e intellettuali, tra i quali anche Alessandro Barbero e Anna Foa, per escludere tale editore dalla fiera. Non si parla ovviamente di una casa editrice che fa divulgazione storica e critica ma, appunto, della libera diffusione di idee e ideologie che nel secolo scorso hanno donato anni non proprio gioiosi all’Europa e al mondo intero.

    È verissimo: Zerocalcare è nella posizione di poter rinunciare a qualsiasi fiera, data la sua notorietà, ma proprio per questa notorietà e per la risonanza che ZC ha come personaggio pubblico credo che il suo gesto vada visto di buon occhio, perché può essere utile a porre un accento sulla questione. Per quanto riguarda gli autori più piccoli e con meno seguito, ai quali è dedicata la facile ironia della vignetta: non sentitevi in colpa se andate per presentare il vostro nuovo lavoro a cui serve visibilità, non sprecate tempo ed energie per giustificare la vostra eventuale presenza, non dovete niente a nessuno, e soprattutto non sentitevi supereroi se non andate. Tentate, tentiamo (mi ci metto nel mezzo anch'io, sebbene in questo momento sia fuori dal giro) di prendere le cose seriamente, è una scelta personale che può essere dettata da miriadi di fattori e qui non si parla di questioni che si possono risolvere con azioni personali e personalistiche. Inoltre, non mi accanirei neanche sulle case editrici che non effettuano un boicottaggio di queste fiere: pagano mesi prima senza neanche sapere quali altri editori saranno presenti, e se l’editore è medio/piccolo l’investimento per una fiera simile incide notevolmente, e non ti viene restituito in caso di disdetta. Lo so, ci aspettiamo sempre gesti eroici da chi seguiamo e rispettiamo, sia esso un autore, un artista o una casa editrice, ma ripeto: non sono questioni risolvibili con azioni di singoli che dipendono da diecimila variabili.

    Potrebbe essere però l’occasione di iniziare a pensare a un’azione collettiva, spettante soprattutto alle case editrici usando l’eco di autori in vista: chiedere alle organizzazioni delle maggiori fiere del settore di stilare regolamenti che prendano in considerazione in maniera molto più seria il rispetto e l’adesione ai valori costituzionali. Ci sorbiremmo certamente per un po’ le lagne dei nostri amici fascisti sulla libertà d’espressione, sul non si può più dire niente signora mia e sulla dittatura comunista anche quando governa la destra, ma potrebbe valere la pena pagare questo scotto se nel lungo termine avessimo delle fiere senza case editrici che sembrano guidate letteralmente da Goebbels.  

    Si pone però un problema molto più ampio che riguarda non tanto le fiere in sé, ma come ostacolare la diffusione della cultura fascista tour court: siamo ancora in tempo? La Repubblica Italiana è nata dall’antifascismo ma fin dalla sua nascita ha fatto dell’anticomunismo un proprio punto fermo. Dal 1945 alla fine della Guerra Fredda un punto cardine della politica interna italiana è stato il non portare al governo il più grande partito comunista dell’Europa occidentale, vedi Piano Solo, Golpe Borghese, Gladio, l’impedimento alla realizzazione del compromesso storico (sia da parte degli USA che dell’URSS) e, insomma, tutta la strategia della tensione, che di fatto vedeva nei movimenti neofascisti dei fedeli alleati nella lotta al comunismo garantendone la sopravvivenza e l’ingresso di fatto nelle istituzioni. E dal ’94, da quando Berlusconi ha legittimato e portato al governo fascisti e secessionisti, parole sue, il centro-destra si è connotato con una sempre maggiore presenza di nostalgici più o meno camuffati, non solo nelle file di Alleanza Nazionale prima e poi Fratelli d’Italia, ma anche nella Lega (specialmente a guida Salvini) e persino nel “moderato” partito Forza Italia; in trent’anni siamo passati da flebili “ha fatto anche cose buone” a celebrare apertamente la Marcia su Roma. Insomma, quando i neo/postfascisti governano col consenso di coloro che ci credono apertamente e soprattutto di coloro che vedono il fascismo come un fenomeno passato, relegato alla dittatura mussoliniana, e oggi se ne fregano (anche se i veri fascisti se ne fregano davvero, ah ah!) credo sia già un po’ tardi per evitarne la diffusione e per ricordare loro che la guerra civile, i fascisti, l'hanno persa.

    Mi si staglia comunque davanti uno scenario forse distopico ma inquietante e possibile: nel tentare di “non condividere gli spazi coi nazisti” (parole sacrosante) si potrebbero andare a creare due realtà fieristiche separate, una più grande nella quale i nazisti continueranno comunque a essere presenti e nella quale le grandi case editrici continueranno a partecipare per non perdere il loro pubblico generalista e mediamente non schierato su queste questioni, e una più piccola nella quale fondamentalmente gli editori e gli autori che considerano irrinunciabile il valore dell’antifascismo resteranno a masturbarsi tra loro. Il rischio è, insomma, che a restare ghettizzati si sia noi, alla fine, e di non essere più presenti con le nostre forze e le nostre idee là dove girano i soldi, restando di fatto fuori dai grossi giri e facendo sì che nel lungo termine a crescere siano solo gli autori e gli editori dall’altro lato della barricata.

    Non so, la discussione è delicata e sicuramente aperta, e non di facile soluzione. Voi che ne pensate? La sezione commenti è aperta a tutti. Potenzialmente, anche ai fasci.

Dom

mercoledì 30 aprile 2025

LA COSTITUZIONE COME CARTA DA CULO

Con la morte di papa Francesco si sono palesati tutti quelli che “io sono ateə/agnostichə ma questo Papa cioè TOP!!!”. In Italia, un po' perché l’universalismo cattolico parla la nostra lingua al di là della nazionalità del pontefice, un po’ perché non so che problemi abbiamo, il Papa viene percepito come una figura neutra, una guida morale tout court, il nonno che ti dice di fare il bravo, come il Dalai Lama prima che iniziasse a slinguazzare i bambini. In realtà il Papa, Francesco come qualsiasi altro, io lo considero per ciò che è: il monarca assoluto dell’ultimo Stato teocratico d’Europa. Algidi termini che delimitano il suo status giuridico, certo, ma questo è il Vescovo di Roma, per uno che non crede, e per la mia visione del mondo è certamente un nemico verso ogni forma di progressismo che si voglia portare avanti. Lo stesso vale per i testi sacri afferenti alle religioni, che svuotati del loro valore, appunto, di sacralità restano un pezzo della nostra storia, un’interessante materia di studio o dei formidabili libri fantasy. 

Così come per la Bibbia, i Vangeli, il Corano e compagnia vale anche per la costituzione di uno Stato. Quella italiana nello specifico nasce non solo dopo venti anni di fascismo ma dopo cento di “Italia liberale”, uno stato monarchico basato sulla volontà di espansione coloniale, sulla repressione di qualsiasi richiesta di protezione sociale, che per questo ha visto accadere un celebre regicidio e che dopo una guerra tremenda è sfociato in maniera piuttosto naturale nella deriva fascista, contribuendo di fatto a provocare un’altra ancora peggiore. Dalle macerie di questi disastri, la nuova classe dirigente formatasi durante la guerra civile ed eletta per la prima volta a suffragio universale redasse la Costituzione che, sebbene i dibattiti sulla sua effettiva applicazione, guida ancora oggi la nostra Nazione, come direbbe Giorgia. 

Ma come per la sacralità delle Scritture, se non si crede e non ci si riconosce nei principi indicati in una costituzione, cosa ne resta? Letteralmente carta da culo. È così che la vedono i vari figliocci del Duce, dai convinti sostenitori della fiamma ai vari fascisti ingenui, sulla scia dei gay di The Jackal, che da tempo tentano modifiche in senso presidenzialista, ora addirittura premieralistico, o che vadano comunque nella direzione di creare uno stato vagamente autoritario. Se torniamo con la mente a Napoli e a Genova in quel 2001, quando governavano gli stessi di adesso pur con percentuali diverse, intravediamo chiaramente il preciso orizzonte della Destra italiana nonché l’esistenza di un adeguato terreno culturale, sociale e istituzionale. Certamente un passo importante in questo senso è stato fatto durante il governo Conte I, con i famosi decreti sicurezza di Salvini, da cui non siamo mai davvero tornati indietro, e che anzi i vari decreti approvati dal governo Meloni stanno rafforzando e appesantendo. Finora però, l’unica modifica sostanziale fatta alla Costituzione è quella in senso regionalista colpevolmente iniziata dal centro-sinistra e che dà legittimità alle spinte autonomiste presenti non solo al Nord e non solo nelle regioni guidate dalla Destra; forse i tempi non sono ancora del tutto maturi per una pesante riforma costituzionale che darebbe vita davvero a una seconda repubblica italiana (perché sì, siamo ancora nella prima) ma, eventualmente, come dovremmo reagire?

Qui si inserisce una fondamentale domanda che mi pongo da tanto tempo: come si difende la democrazia? Siamo abituati a pensare la democrazia come uno spazio in cui tutte le opinioni e le posizioni politiche sono legittime e contano allo stesso modo, ma sappiamo benissimo che alcune di esse puntano alla demolizione della democrazia, ovvero dello stesso spazio che le accoglie e che ne permette dunque la proliferazione. Il fascismo è certamente uno di questi, anzi il primo della lista in termini di adesione e quindi di pericolosità. Assodato questo, e assodato anche che oramai è fin troppo tardi per escludere i neo e post fascisti dalla politica, dato che ci governano, quale opzione rimane? In una società (apparentemente) pacificata, come si agisce contro una deriva violenta che si prefigge di negare diritti, toglierne di acquisiti, inasprire ulteriormente le condizioni dei lavoratori favorendo il profitto degli imprenditori e limitare se non abolire gli spazi di protesta anche pacifica? Non si traduce il più delle volte la pace nella ragione del più forte? Il mantra "la violenza è sempre sbagliata" rivolto verso chi protesta non cela forse un non detto che è "resta al tuo posto" mentre la prevaricazione del più forte non viene percepita come violenza bensì come stato naturale delle cose? 

Non sto proponendo un ritorno alla violenza politica diffusa, cosa che io per primo non riuscirei a praticare, né sto rifondando le BR; mi chiedo solo, credo legittimamente, come faremo a non soccombere di fronte a coloro che a colpi di piccone stanno minando le fondamenta democratiche che l'Assemblea Costituente ha posto per la Repubblica.

Ci ho fatto un fumetto per il nuovo numero di Barabba, un numero speciale centrato sulla Liberazione, e si intitola La difesa della democrazia spiegata ai bambini, dove la mascotte Costy spiega appunto come evitare che dei brutti energumeni pelati rovinino questa bella cosa conquistata col sangue. Vi metto qui la prima delle quattro  pagine in anteprima, il resto lo leggete sulla rivista, se vi va. La acquistate in formato digitale da QUI.

Mi piacerebbe discutere  di questa cosa con più persone possibile, se vi va, dunque, lasciate pure un commento e vediamo che viene fuori.




Questo fumettino che vi metto qui per intero, invece, s'intitola La rivoluzione per una sinistra moderna e pacifista, e vuole riflettere un po' sullo stesso tema. Sì, mi ci sto interrogando da un po', come vedete. Lo trovate su Barabba n. Zero Bis, speciale numero natalizio di  qualche mese fa, e che potete prendere da QUI. Dentro ci trovate ovviamente altri fumetti, vignette e articoli totalmente inediti. Sul sito trovate da scaricare anche tutti gli altri numeri finora usciti, dallo zero, gratuito, al 4, lo speciale sulla Liberazione.




venerdì 4 aprile 2025

IL MESE DEL RIARMO

    Facendo satira soprattutto sulla politica e sull’attualità, il tema del riarmo rilanciato dalla Commissione Europea a guida Von Der Leyen non poteva lasciarmi indifferente. Non voglio star qui a sottolineare l’ovvio, tipo che l’ombrello militare U.S.A. è ormai uno di quelli che compri per strada a 5€ dal nero sbucato come un fungo alle prime gocce di pioggia e che si sdruma alla prima folata di vento (l’ombrello, non il nero) o ancora che i russi non possono farci così tanta paura, data la scarsa performance bellica in Ucraina, ma anche che Kiev, i russi, volevano prenderla e senza le armi dell’Occidente sarebbe caduta, ma anche che a Berlino oggi non ci possono certo arrivare, figurati a Parigi, e che Bucarest va un casino quest’anno. Ecco, non voglio sottolineare queste cose qui, che tanto ci pensa qualsiasi utente medio di qualsiasi schieramento su un qualsiasi social media che non so usare. 

        Al di là dei pipponi sul giusto o sbagliato, che tanto la Storia sembra passarci davanti senza che ce ne rendiamo conto, il punto di cui volevo scrivere è un altro o meglio altri due; ma partiamo intanto dal primo: riarmo europeo per la difesa comune. Questa singola frase esprime già tutta l’inconcretezza del progetto in questione. Per pensare di doverti difendere, devi prima aver pensato a una qualche minaccia incombente. Ma gli Stati europei non possono e non potranno mai percepire una stessa minaccia comune, per lo stesso motivo per cui i barconi di immigrati arrivano in Italia e non in Germania: la geografia. Per baltici, polacchi e rumeni, e per gli ucraini, ça va sans dire, ovviamente la minaccia è rappresentata dall’imperialismo della Russia. Ma la stessa Russia da Germania e Italia non è percepita come una minaccia, bensì come un’opportunità, soprattutto economica. Per spagnoli e portoghesi non so neanche se la Russia esista. La Russia è effettivamente un pericolo? Se ragionassi da anti-imperialista direi di sì, non c’è dubbio: la Russia di Putin ha come obiettivo blindare i confini rimasti dopo il crollo dell’URSS schiacciando qualsiasi spinta separatista delle popolazioni non russe della federazione, vedi Cecenia, e recuperare la propria sfera di influenza storica tentando di tenere ancorati a sé quegli stati nei propri dintorni che con la Russia non vogliono più avere a che fare, vedi Georgia e soprattutto Ucraina. Se ragionassi come italiano medio, invece, la Russia resta terra di belle gnocche e di miliardari che comprano cose costose fatte in Italia. Perciò, come giustifichi un riarmo ad una popolazione che non percepisce minacce?

    Seconda questione: anche ammesso che ci riarmassimo, e che scoppiasse una guerra che ci coinvolgesse direttamente… chi ci manderemmo al fronte? Non è una questione di poco conto. Io non mi sono mai espresso in modo contrario rispetto all’invio di armamenti all’Ucraina, ma certo se mi dicessero di farmi un viaggetto in Donbass per fare il tiro al bersaglio coi russi (o più realisticamente a fare io stesso da bersaglio) risponderei con un sonoro “col cazzo”. E questa è una di quelle non-contraddizioni che fa sentire tanto intelligente chi la sottolinea per sminuire la tua posizione, tipo “sei a favore dell’immigrazione ma quanti immigrati tieni in casa tua?!?”. Parlerò un’altra volta, magari, dell’inutilità di definirsi pro o contro l’immigrazione. Ma la questione resta: l’Italia è un paese di vecchi e di pacifisti sia di destra che di sinistra, di gente che la guerra non la vuole fare per nessuna ragione, di gente che si stanca ad assistere alle guerre altrui, per giunta. Se fossimo invasi domani, probabilmente coloro che tenterebbero di opporsi all’invasione sarebbero additati di essere guerrafondai. E non è un’iperbole, è il ragionamento che tanti, non solo fascisti più o meno dichiarati, manifestano in merito alla Resistenza: chi si oppose all’invasore tedesco e al suo alleato fascista prolungava solo le sofferenze della popolazione civile ed era sullo stesso piano di coloro contro cui combatteva. Un ragionamento che trovo a dir poco immondo, sia che si parli della Resistenza italiana, sia che si parli degli ucraini che non vogliono i russi in casa, sia che si parli dei palestinesi.

        Su ciò di cui ho scritto qui sopra ci ho fatto due fumetti brevi, La minaccia pubblicato su Barabba n.3, rivista mensile di satira by Gonzo Editore, e Riconversione umana, pubblicato sul Vernacoliere di aprile, uscito in edicola il 31 marzo. Due storielle satiriche diverse ma in qualche modo complementari, in cui cerco di districarmi e di chiarirmi le idee su questo tema trattato in modo così marcatamente binario.

Non scrivevo da tanto, è stato lungo, divertente e impegnativo. Cercherò di farlo più spesso.

Prime tre vignette di Riconversione Umana, sul Vernacoliere di aprile 2025 che trovate in edicola!

La Minaccia, tavola 1 di 4. Questa invece la trovate su Barabba n.3 con altri fumetti, articoli e racconti inediti!